Il neo ministro alla Pubblica Istruzione Mariastella Gelmini ha promesso più soldi agli insegnanti, ma se le risorse non ci sono l’unico modo per attuate questa promessa è lasciare invariato il numeratore e diminuire il denominatore.
In altri termini basta ridurre il numero dei docenti e i pochi rimasti, forse, avranno uno stipendio più sostanzioso.
Quindi speriamo di non essere fra quelli che verranno tagliati fuori.
Gelmini: “Più soldi agli insegnanti,
Merito e più attenzione alle private”
Basta scontri politici a scuola. No tolleranza per i bulli, riforme solo se necessarie
Le 3 “I” diventano 4 con l’italiano. E nel discorso cita anche Gramsci
da: Repubblica, 10 giugno 2008
150 mila posti in meno in 3 anni
“Un colpo alla scuola pubblica”
Il governo vuole recuperare otto miliardi, cura shock
“Vogliono tornare al maestro unico nella primaria”
da: Repubblica, 24 giugno 2008
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Gelmini: “Più soldi agli insegnanti
Merito e più attenzione alle private”
Basta scontri politici a scuola. No tolleranza per i bulli, riforme solo se necessarie
Le 3 “I” diventano 4 con l’italiano. E nel discorso cita anche Gramsci
ROMA– “Questa legislatura deve vedere uno sforzo unanime nel far sì che gli stipendi degli insegnanti siano adeguati alla media Ocse”. E’ quanto detto dal ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Mariastella Gelmini, illustrando in commissione Cultura alla Camera il suo programma per la scuola.
“Stipendi sotto la media Ocse”. Il ministro ha comunicato i “numeri” di questa emergenza salariale: “Non possiamo ignorare che lo stipendio medio di un professore di scuola secondaria superiore dopo 15 anni di insegnamento è pari a 27.500 euro lordi annui, tredicesima inclusa. Fosse in Germania ne guadagnerebbe 20 mila in più, in Finlandia 16 mila in più. La media Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) è superiore ai 40 mila euro l’anno”.
Meritocrazia per scuole, studenti e professori. Il neo ministro ha poi elencato i tre pilastri del suo programma: merito, autonomia, valutazione. Autonomia significa “valorizzare la governance degli istituti, dotarla di poteri e risorse adeguate”, ma anche pretendere dalle scuole “capacità gestionale e di programmazione degli interventi”. Capacità che deve essere giudicata con un sistema di valutazione “che certifichi in trasparenza come e con quali risultati viene speso il denaro pubblico”. Merito, invece, vuol dire che “la scuola deve premiare gli studenti migliori”, ma anche che devono esistere “sistemi premianti per il corpo docente e una valutazione del loro lavoro”. In questo caso, il ministro Gelmini cita il programma del Partito democratico, che parla di “una vera e propria carriera professionale degli insegnanti che valorizzi il merito e l’impegno”.
“Anche le scuole paritarie fanno istruzione pubblica”. Un capitolo del programma della Gelmini è dedicato alla questione delle scuole private parificate con quelle statali. “L’istruzione è pubblica sempre, anche quando è svolta dalle scuole paritarie”, ha ribadito Gelmini, che aveva già presentato una proposta di legge lo scorso febbraio, prima di diventare ministro, sulla “valorizzazione del merito nel sistema scolastico, nella pubblica amministrazione e nel mercato del lavoro”. “Penso – ha affermato a proposito delle scuole paritarie – che si debba andare incontro alle famiglie che chiedono di poter esercitare la propria scelta educativa”. Il ministro non ha ancora chiarito se lo Stato pagherà i professori delle paritarie (“E’ un ragionamento che valuteremo in commissione”, ha detto), ma ha precisato che “bisognerà ragionare anche sulle risorse”. E ha citato i dati dell’Agesc,
l’Associazione dei genitori cattolici, secondo cui “il risparmio per l’erario determinato nell’anno corrente dell’assistenza di queste libere iniziative è di circa 5 miliardi e mezzo, a fronte di un contributo di circa 500 milioni di euro”.
“Tolleranza zero per il bullismo”. Il ministro è poi intervenuta sul tema del bullismo: “Non saranno più tollerati gli atti che non rispettano i compagni di classe, gli insegnanti, le strutture, il patrimonio comune”.
“Basta scontri politici”. Gelmini ha anche sottolineato la necessità di abbandonare lo scontro politico nei centri di educazione. “Occorre – ha affermato il ministro – una presa di posizione lontana da inutili visioni ideologiche: il Paese ci chiede a gran voce di lasciare lo scontro politico fuori dalla scuola”. Per renderlo possibile, è indispensabile “una grande alleanza” in cui tutti diano il proprio contributo “per il miglioramento della più grande infrastruttura del Paese”.
“Riforme solo se necessarie”. Il ministro ha inoltre detto che le riforme legislative del sistema scolastico devono essere fatte solo se strettamente necessarie e comunque sempre e solo all’insegna della chiarezza e semplificazione. “Noi abbiamo bisogno di vero cambiamento, non di presunte riforme”, ha spiegato. “Per troppi anni abbiamo investito le nostre energie sull’attività legislativa – ha continuato Gelmini – abbiamo imbullonato e sbullonato leggi e decreti, badando più al colore politico che alla sostanza dei problemi”. Questa linea programmatica implica anche che non si debba “ripartire da zero ogni volta”, secondo l’idea che è utile “preservare e mettere a sistema quanto di buono fatto dai miei predecessori”. Proprio per questo, Gelmini non ha voluto ritirare la circolare sui debiti di Fioroni.
Le “I” diventano quattro. Gelmini ribadisce l’importanza delle tre “I” – inglese, internet, impresa – introdotte nelle legislature precedenti da Berlusconi, ma ne aggiunge una quarta: l’italiano. “La “I” di italiano, termine con cui ricomprendo l’antico trinomio, leggere, scrivere, far di conto”. Gelmini ha poi sottolineato che nelle nostre classi ci sono quote sempre più ampie di studenti extracomunitari penalizzati dalla barriera linguistica. Barriera che bisogna abbattere, secondo la titolare del dicastero dell’Istruzione.
Le parole di Gramsci. Mariastella Gelmini nell’illustrare il suo programma cita anche uno dei padri del partito comunista italiano, Antonio Gramsci: ”Gramsci diceva che la fatica dello studio l’unico fattore di promozione sociale. Lo studio è molto faticoso: è un percorso di adattamento, è un abito acquisito con lo sforzo, a volte con la noia e la sofferenza”.
“La scuola non è un malato terminale”. La neo ministro si dice comunque positiva nei confronti del futuro della scuola italiana: “Non dobbiamo rassegnarci, non dobbiamo credere che la scuola italiana sia un malato terminale”. Anche se “È necessario uno scatto d’orgoglio di tutti”.
(10 giugno 2008)
150 mila posti in meno in 3 anni
“Un colpo alla scuola pubblica”
Il governo vuole recuperare otto miliardi, cura shock
“Vogliono tornare al maestro unico nella primaria”
di SALVO INTRAVAIA
ROMA – “Attacco alla scuola pubblica”, “Scuola statale a rischio smantellamento” e “scelte pesantissime sulla scuola”. Sono i commenti dei leader sindacali della scuola sul cosiddetto decreto fiscale di cui si conosce una prima bozza attendibile. Per tagliare gli sprechi nella pubblica amministrazione e avviare il meccanismo virtuoso del merito il governo Berlusconi avrebbe previsto per la scuola una cura da cavallo. Nei prossimi tre anni dovrebbero saltare qualcosa come 150 mila posti di lavoro (100 mila cattedre e 47 mila posti di personale amministrativo, tecnico e ausiliario (Ata) per recuperare la cifra record di 8 miliardi di euro.
Il decreto. I tagli andrebbero sotto la voce “Disposizioni in materia di organizzazione scolastica” e sono espressi rigorosamente in percentuali o rapporti che devono essere tradotti per emergere in tutta la loro dimensione. “Ai fini di una migliore qualificazione dei servizi scolastici e di una piena valorizzazione professionale del personale docente”, recita il testo provvisorio del decreto, dall’anno scolastico 2009/2010 occorrerà aumentare il rapporto alunni/docenti di un punto. Attualmente siamo attorno a 9,1 alunni per ogni insegnante. L’obiettivo è quello di arrivare entro l’anno 2011/2012 a 10,1. Il costo in termini di cattedre è stimato dai sindacati attorno alle 62 mila unità, cui occorre aggiungere le 33 mila cattedre previste dalla Finanziaria 2008 del governo Prodi incrementate di altre 6 mila unità per una “interpretazione” dell’attuale governo sulla manovra 2008. In tutto 101 mila cattedre che andranno in fumo.
C’è poi la partita del personale Ata. Entro l’anno scolastico 2011/2012 è prevista una riduzione pari al 17 per cento della dotazione organica di bidelli, personale di segreteria e tecnici di laboratorio. I sindacati hanno contabilizzato 47 mila posti che spariranno attraverso la “revisione dei criteri e dei parametri per la definizione delle dotazioni organiche del personale Ata”. Secondo questa ipotesi, le scuole avranno meno bidelli per vigilare gli alunni, meno addetti elle segreterie e meno tecnici presenti nei laboratori.
Le reazioni. Francesco Scrima della Cisl scuola parla di governo che “decide all’ingrosso pesantissimi tagli del personale senza considerare le conseguenze sul piano della qualità dei servizi erogati”. Parla si esecutivo che “non si interessa degli obiettivi che oggi la scuola deve ottenere, ma attacca semplicemente un pezzo di welfare”. E continua: “Si taglia il futuro, si tagliano le radici su cui il Paese può crescere”.
“Tagliare altri 100 mila cattedre nel prossimo triennio – dichiara Rino Di Meglio, della Gilda degli insegnanti – significherebbe smantellare la scuola statale”. Il perché è presto detto. “Sbaglia chi attribuisce alla scuola sprechi di denaro pubblico – spiega Di Meglio – basta vedere, per esempio, lo stato di fatiscenza in cui versa la maggior parte degli edifici scolastici, sovraffollati, a rischio sicurezza e carenti persino di banchi, sedie e gessi, e il rapporto docenti-alunni sempre più sproporzionato. Risultato: per investimenti nell’istruzione, l’Italia si trova agli ultimi posti nella classifica dei paesi sviluppati”.
Enrico Panini, leader della Flc Cgil sostiene: “Nella scuola si spremono oltre 8 miliardi di tagli, compresi quelli contabilizzati per il 2012”. E paventa conseguenze disastrose. “Per realizzare questa perversa scelta, alla devastazione della rete scolastica (ottenuta peggiorando le attuali regole per formare le classi e per determinare i posti dei lavoratori ATA) – continua Panini – si aggiunge la devastazione degli ordinamenti che per la prima volta nella storia del nostro Paese saranno più poveri di quelli precedenti. Si ipotizza, infatti, il ritorno al maestro unico nella scuola primaria e, nella secondaria, meno ore e meno materie per tutti, a partire dalle scuole tradizionalmente destinate ai ceti più popolari”.
Gli scenari. Ma come è possibile tagliare 150 mila posti se il governo precedente ha faticato a tagliarne 10 mila? “Se la manovra venisse confermata – dichiara l’ex viceministro alla Pubblica istruzione, Mariangela Bastico – Non si tratta di azioni volte alla razionalizzazione e all’efficienza del sistema, come quelli messi in atto dal governo precedente. Si tratta di interventi volti allo scardinamento della scuola pubblica. I tagli in questione possono essere realizzati – continua – sono smantellando pezzi del sistema scuola”. In che modo? “Utilizzare il rapporto alunni/docenti – spiega la Bastico – È improprio perché in Italia le anomalie cui fa cenno il governo attuale sono dovute, per esempio, alle politiche per l’integrazione dei disabili”. “In Italia i posti determinati dalla integrazione dei disabili sono circa 150 mila, negli altri pesi o ci sono le scuole speciali o questi posti sono a carico delle Politiche sociali”.
E quali altri settori rischiano? “Il tempo pieno e il tempo prolungato alla scuola elementare – risponde l’ex inquilino di viale Trastevere – ma anche l’intera scuola dell’infanzia pubblica e l’istruzione degli adulti”. Si potrebbe ritornare al maestro unico alla scuola elementare e si potrebbero ritoccare gli orari della scuola superiore. “Su quest’ultimo punto – continua la Bastico – siamo disponibili al dialogo. È possibile ridurre da 40 a 34 le ore nei tecnici e professionali ma questa manovra non consente di tagliare 100 mila posti. La cosa che mi meraviglia maggiormente È che il ministro Gelmini, nelle sue relazioni in Commissione, non ha accennato minimamente a politiche di riduzione così drastiche”. E ancora, “la scuola non può reggere con un’assunzione ogni dieci pensionamenti”, conclude. E per i 300 mila precari in attesa delle immissioni in ruolo il futuro si tinge di nero.
(24 giugno 2008)
CARA GELMINI!! CI HAI DISTRUTTO!! CI HAI TOLTO ANCHE IL DIRITTO AD AVERE UN MAL DI TESTA!! NN ARIVIAMO ALLA FINE DEL MESE!! SEI DEGNA DELLLO SGOBBIATO DI BRUNETTA!! AMMAZZATEVI TUTTI E DUE!!