Cambiare la scuola dal basso

ATTENZIONE! Questo articolo è stato pubblicato il 29 Gennaio 2009 e alcuni riferimenti potrebbero non funzionare.

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In molte scuole italiane sono in corso gli scrutini di fine quadrimestre, potrebbe essere utile leggere queste righe tratte dal recente: "Centomila punture di spillo" di Rampini e De Benedetti, pag. 271-273

Cambiare la scuola dal basso

Anche nella vita delle nostre istituzioni scolastiche ci sono cambiamenti possibili, che non devono aspettare una grande riforma decisa dall’alto.

Guardiamo i dettagli della nostra débacle in matematica. L’autorevole indagine dell’Ocse, che misura le conoscenze scientifiche degli studenti (il celebre rapporto Pisa, cioè Programme for International Student Assessment), dimostra che Finlandia, Corea e Cina sono in testa alla classifica mondiale, con punteggi tra 548 e 547. La media Ocse è intorno ai 500 punti. Gli studenti italiani sono molto più in basso, a quota 466, dietro il Portogallo e molti paesi emergenti. Abbiamo delle eccezioni nell’Italia del Nordest (che raggiunge la fascia alta europea) e abbiamo degli abissi disastrosi nel Sud e nelle isole. Eppure cos’è successo agli esami di maturità del 2008? Il 97,3% degli studenti italiani sono stati promossi. Sono addirittura aumentati i 100 e lode. La maggiore concentrazione di ragazzi promossi si trova in Calabria, mentre la palma delle bocciature spetta a Veneto e Friuli. È il mondo alla rovescia. Le promozioni abbondano proprio dove l’apprendimento è più scarso. Quei docenti e quelle commissioni d’esame che promuovono tutti non aiutano i ragazzi. Al contrario, li illudono e li danneggiano. La promozione facile non risolve i problemi, li aggrava: in Calabria la disoccupazione giovanile è molto più alta che in Friuli. Qui non c’è bisogno di aspettare direttive dall’alto per cambiare direzione. Basta che gli insegnanti del Sud comincino a comportarsi come quelli del Friuli. È un cambiamento che non è impedito dalla legge, non dipende dal colore del governo in carica, non richiede un permesso dei sindacati. Spetta alla coscienza professionale del singolo insegnante decidere che la severità è il miglior regalo possibile per il futuro dei giovani.

Questo cambiamento nei comportamenti chiama in causa anche le famiglie. Un episodio minore della nostra vita politica merita di essere ricordato. È accaduto alla fine degli esami di maturità del 2008. Il leader della Lega nonché ministro, Umberto Bossi, ha accusato alcuni insegnanti meridionali di aver bocciato un ragazzo del Nord penalizzandolo – secondo lui – perché aveva presentato una tesina «federalista» ispirata al pensiero di Carlo Cattaneo. Bossi non ha fatto nomi, ma si è venuto a sapere che pochi giorni prima suo figlio era stato bocciato (per la seconda volta) alla maturità scientifica. Don Gaetano Caracciolo, il rettore dell’istituto religioso Bentivoglio di Tradate frequentato dal figlio di Bossi, ha precisato che non c’era nessun motivo ideologico dietro la bocciatura. Nulla di strano in quella vicenda, e non c’è bisogno di buttarla in politica: il cuore di babbo ha prevalso sul ruolo del ministro. In quel caso Umberto Bossi ha reagito come tanti padri e tante madri d’Italia. Ha preso le difese del figlio scagliandosi contro gli insegnanti. Non tutte, ma molte famiglie italiane si comportano sistematicamente così. Convinte di proteggere i propri figli. Il senso della famiglia prevale sulla meritocrazia.

Ma è davvero giusto parlare di senso della famiglia in questo caso? Se c’è una parte del mondo dove i legami di solidarietà familiare sono rimasti fortissimi, è l’Asia. Nei paesi confuciani come la Cina e la Corea, così come nella patria dell’induismo, la coesione dei nuclei parentali è straordinaria. Il rispetto degli anziani e dell’autorità dei genitori è un tratto distintivo del pensiero di Confucio; più in generale caratterizza tutte le nazioni asiatiche, anche se sono a maggioranza induiste, buddiste o atee. I genitori di quei paesi a loro volta sono capaci di affrontare sacrifici durissimi per offrire ai figli un buon livello d’istruzione. La famiglia è sacra, da Mumbai a Shanghai. Per garantire ai giovani un futuro migliore i papà e le mamme cinesi e indiani sono pronti a tutto. A tutto, ma non a screditare i professori.

L’indulgenza scolastica non è di casa da quelle parti, la meritocrazia è un principio indiscusso. La selezione negli studi è spietata e nessuno la mette in discussione, men che meno le famiglie. I genitori sono esigenti sul rendimento scolastico dei ragazzi e il professore è una figura rispettata, severa, quasi sacrale. Chi ha messo piede in un’aula di scuola media, di liceo o di università in Asia sa che in quei luoghi regnano la disciplina, il rigore, il rispetto dell’autorità, la venerazione del sapere. Non perché gli insegnanti cinesi o indiani siano tutti premi Nobel, ma perché tutti sono d’accordo che il sistema funziona solo rispettando quelle regole. Se i genitori di Pechino o di New Delhi cominciassero a dare ragione ai figli contro i docenti, a invocare promozioni facili per tutti, il progresso economico, scientifico e tecnologico dell’Asia si fermerebbe molto presto. Nel tacito accordo che unisce genitori e insegnanti, in quella vasta area di tre miliardi di persone in corsa verso il benessere, c’è una lezione preziosa per noi.

Da: DE BENEDETTI C., RAMPINI F., Centomila punture di spillo, Milano, 2008

3 pensieri su “Cambiare la scuola dal basso

  1. Daniele Autore articolo

    Carissimo Matteo, grazie per i tuoi contributi!
    Siamo estimatori del buon Albanese che vediamo spesso in differita tramite web.
    Certo viene spontaneo vedere l’Europa come ultima via di salvezza, ma temo
    che tutto quello che potrà fare per noi sia metterci fuori pur essendo tra i soci
    fondatori.
    Il sito dei volonterosi traduttori è:
    http://italiadallestero.info
    te lo consiglio per avere un’idea di cosa pensano di noi in Europa e non solo.
    Infine proverò a mettere il pulsantino che mi suggerisci, la piattaforma wordpress
    è molto versatile e sicuramente esiste un plugin atto allo scopo.

  2. matteo

    caro Daniele
    eccomi a commentare questo post visto in ritardo; mi è venuto in mente Albanese nei panni di Cetto Laqualunque (si vedeva non è molto in Tv con Fazio, non so se lo conosci)onorevole siciliano, quando si indigna col figlio per aver osato prendere la sufficienza a scuola (” perchè!? Mica non glielo posso comprare un diploma!”). Quello che scrive Rampini è sacrosanto ma semplicemente utopistico perchè non tiene conto della (sub?)cultura del Meridione (come sai il nord è nella media nelle classifiche OCSE PISA) alimentata dalla gestione fallimentare della politica della scuola da Cavour a Berlusca sempre marginale e mai strategica; molto spesso i dirigenti scolastici nei paesi del sud sono poco inclini a comportarsi come don Antonio. Rampini mi piace molto, ma in questo caso anche lui utilizza in modo strumentale le classifiche OCSE. Dirò di più, delle preziosissime indagini Ocse, le tabelle delle classifiche sono quelle che nasconderei in appendice (e invece sono le uniche cose che fanno notizia) ed evidenzierei i dati oggettivi che saltano fuori e ne cito uno come esempio: separare gli alunni per livelli di competenze rende meno che lasciarli insieme e integrarli; nel primo caso gli alunni eccellenti non ne traggono maggiori vantaggi rispetto al secondo caso,che vede invece gratificati e migliorati i ragazzi meno brillanti…fermo restando che i docenti debbano essere severamente selezionati e ben pagati come sanno bene in Finlandia e in Canada ad es.Fine dello sfogo
    ciao
    Matteo

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