Sulla origine delle specie per elezione naturale

ATTENZIONE! Questo articolo è stato pubblicato il 14 Febbraio 2010 e alcuni riferimenti potrebbero non funzionare.

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Una delle numerose ramificazioni di Wiki, precisamente Wikisource, offre gratuitamente la traduzione nella nostra lingua della principale opera di Charles Darwin: “Sull’origine delle specie”.

Riporto qui l’introduzione di quest’opera fondamentale. Una risorsa utilissima per i nostri studenti.

Io mi trovavo a bordo del vascello di S. M. Britannica The Beagle nella qualità di naturalista, allorchè fui vivamente colpito da certi fatti nella distribuzione degli esseri organizzati che popolano l’America meridionale e dai rapporti geologici esistenti fra gli abitanti passati ed attuali di questo continente. Come potrà vedersi negli ultimi capitoli di quest’opera, tali fatti sembrano diradare qualche poco le tenebre sull’origine delle specie, questo mistero dei misteri, al dire di uno de’ nostri più grandi filosofi. Al mio ritorno, nel 1837, mi venne l’idea che forse sarebbesi potuto promuovere tale questione, raccogliendo le osservazioni d’ogni sorta che avessero riferimento alla sua soluzione e meditando sulle medesime. Solo dopo cinque anni di lavoro io mi permisi alcune induzioni e mi feci a redigere brevi annotazioni. Infine nel 1844 tentai quelle conclusioni che mi parvero più probabili. D’allora in poi mi occupai costantemente del medesimo oggetto. Il lettore mi perdonerà questi dettagli personali, che ho addotti soltanto per provare che io non fui troppo precipitoso nella mia determinazione.

Il mio lavoro è ora (1859) quasi finito; ma siccome occorrerebbero parecchi anni per completarlo, e la mia salute non è troppo ferma, così fui indotto a pubblicare il presente estratto. Io fui spinto a quest’opera soprattutto dalla considerazione che il sig. Wallace, nello studio della storia naturale dell’Arcipelago Malese, giunse quasi esattamente a conclusioni identiche alle mie sull’origine delle specie. Nel 1858 egli m’inviò una memoria sopra questo argomento, pregandomi di comunicarla a Carlo Lyell, il quale la presentò alla Società Linneana. Questo lavoro è inserito nel terzo volume del giornale della Società. Il signor Carlo Lyell e il dott. Hooker, che conoscono i miei lavori – quest’ultimo ha letto il mio sunto del 1844, – mi fecero l’onore di pensare che sarebbe stato opportuno di pubblicare, contemporaneamente all’eccellente memoria del Wallace, un corto estratto de’ miei manoscritti.

L’estratto che oggi metto in luce è dunque necessariamente imperfetto. Io sono costretto ad esporvi le mie idee senza appoggiarle con molti fatti o con citazioni d’autori: e mi trovo nel caso di contare sulla confidenza che i miei lettori potranno avere sull’accuratezza de’ miei giudizi. Senza dubbio questo libro non sarà esente di errori, benchè io creda di non essermi riferito che alle autorità più solide. Io non posso produrre se non le conclusioni generali alle quali sono arrivato, con alcuni esempi che tuttavia basteranno, credo, nella pluralità dei casi. Niuno è penetrato, più di me della necessità di pubblicare più tardi tutti i fatti che servono di base alle mie conclusioni, e spero di farlo in un’opera futura. Imperocchè io so bene che non vi è un passo in questo volume, al quale non si possano opporre argomenti, che in apparenza conducano a conclusioni diametralmente opposte. Un risultato soddisfacente raggiungesi soltanto raccogliendo tutti i fatti e le ragioni favorevoli e contrarie ad ogni questione, e pesando gli uni contro gli altri; ciocchè nell’opera presente non posso fare.

Mi rincresce assai che la ristrettezza dello spazio mi privi della soddisfazione di ricambiare il generoso concorso prestatomi da molti naturalisti, alcuni dei quali non conosco personalmente. Io non posso frattanto lasciar sfuggire questa occasione senza esprimere la profonda obbligazione ch’io professo al dott. Hooker, il quale negli ultimi quindici anni mi fu di grande aiuto, pel fondo inesauribile delle sue cognizioni e per le sue eccellenti opinioni.

Quando si riflette al problema dell’origine delle specie, considerando i mutui rapporti d’affinità degli esseri organizzati, le loro relazioni embrionali, la loro distribuzione geografica, la successione geologica ed altri fatti analoghi, si può conchiudere che ogni specie non è stata creata indipendentemente dalle altre, ma bensì discende, come le varietà, da altre specie. Pure una simile conclusione, anche fondata, non sarebbe soddisfacente fin tanto che non ci fosse dato dimostrare come le specie innumerevoli, che abitano il globo, si siano modificate al punto di acquistare quella perfezione di struttura, quell’adattamento che eccita a buon diritto la nostra ammirazione. I naturalisti si riportano continuamente alle condizioni esterne; come il clima, il nutrimento, ecc., e da esse traggono la sola causa possibile di variazione. Come vedremo, i medesimi non hanno ragione che in un senso molto ristretto. Per esempio, è un errore l’attribuire alle sole condizioni esterne la struttura del picchio, la formazione dei suoi piedi, della coda, del becco e della sua lingua, organi conformati tanto meravigliosamente per cogliere gli insetti sotto la scorza degli alberi. Così dicasi del vischio che trae il suo alimento da certi alberi, il seme dei quali deve essere sparso da determinati uccelli, mentre i loro fiori dioici esigono l’intervento di certi insetti per recare il polline dall’uno all’altro. Evidentemente non potrebbe attribuirsi la natura di questa pianta parassita e i suoi rapporti tanto complicati con parecchi esseri organizzati distinti, all’influenza delle condizioni esterne, delle abitudini o della volontà della pianta stessa.

Quindi è di una importanza capitale il cercare di formarsi un concetto chiaro dei mezzi di modificazione e di adattamento impiegati dalla natura. Fino dai primordi delle mie ricerche fui d’avviso che un accurato studio degli animali domestici e delle piante coltivate mi avrebbe offerto probabilmente i dati migliori per risolvere questo oscuro problema. Nè mi sono ingannato, mentre non solo in questa circostanza, ma ben anche in tutti gli altri casi perplessi, ho sempre trovato che le nostre esperienze relative alle variazioni degli esseri organizzati avvenute allo stato di domesticità o di coltura, sono tuttavia la nostra guida migliore e la più sicura. Io non esito ad esprimere la mia convinzione sull’alta importanza di questi studi, benchè troppo spesso sieno stati trascurati dai naturalisti.

Per questo motivo io consacro il primo capitolo di questo compendio all’esame delle variazioni allo stato domestico. Vedremo ciò, che sono per lo meno possibili sopra una vasta scala variazioni ereditarie, e quel che più importa, vedremo quanto grande sia la facoltà dell’uomo di accumulare leggere variazioni, per mezzo dell’elezione artificiale, cioè mediante la loro scelta esclusiva. Passerò poscia alla variabilità delle specie nello stato di natura; ma io dovrò a malincuore trattare con troppa concisione questo soggetto, che non può svolgersi convenientemente se non colla scorta di lunghi cataloghi di fatti. Potremo nondimeno discutere quali sieno le circostanze più favorevoli alle variazioni. Il capitolo successivo tratterà della lotta per l’esistenza fra tutti gli esseri organizzati del globo, lotta che necessariamente deriva dal loro moltiplicarsi in proporzione geometrica. È questa la legge di Malthus applicata a tutto il regno animale e vegetale. Siccome gli individui d’ogni specie che nascono sono di numero assai maggiore di quelli che possono vivere, e perciò deve rinnovarsi la lotta fra i medesimi per l’esistenza, ne segue che se qualche essere varia anche leggermente, in un modo a lui profittevole, sotto circostanze di vita complesse e spesso variabili, egli avrà maggior probabilità di durata e quindi potrà essere eletto naturalmente. Inoltre, secondo le severe leggi dell’eredità, tale varietà eletta tenderà continuamente a propagare la sua forma nuova e modificata.

Di questo principio fondamentale di elezione naturale tratterò diffusamente nel quarto capitolo: e noi conosceremo in qual modo questa elezione naturale produca quasi inevitabilmente frequenti estinzioni di specie meno adatte, e conduca a ciò che io chiamo divergenza dei caratteri. Nel seguente capitolo io discuterò le leggi complesse e poco note della variazione. Altri cinque capitoli risolveranno le difficoltà più gravi e più apparenti della teoria. In primo luogo la difficoltà delle transizioni, cioè come possa darsi che un essere o un organo semplice siasi trasformato in un essere più complicato oppure in un organo più perfetto; secondariamente l’istinto o le facoltà mentali degli animali; in terzo luogo l’ibridismo o la sterilità delle specie incrociate e la fecondità delle varietà incrociate; da ultimo l’insufficienza dei documenti geologici. Nel capitolo successivo io considererò la successione geologica degli esseri organizzati nel corso del tempo; nel dodicesimo e tredicesimo la loro distribuzione geografica nello spazio; nel decimoquarto la loro classificazione e le loro mutue affinità nello stato adulto quanto nello stato embrionale. L’ultimo capitolo comprenderà un breve riassunto di tutta l’opera con alcune osservazioni finali.

Se teniamo conto della nostra profonda ignoranza sulle reciproche relazioni di tutti gli esseri che vivono intorno a noi, non possiamo fare le meraviglie se ci restano ancora inesplicate molte cose sulla genesi delle specie e delle varietà. Come può spiegarsi che mentre una specie è numerosa e sparsa sopra una grande estensione, un’altra specie assai affine trovasi rara e in uno spazio ristretto? Ora questi rapporti sono della più alta importanza, giacchè determinano il benessere presente e credo anche la prosperità futura e le modificazioni di ogni abitante di questo mondo. Noi conosciamo poi ancor meno le relazioni reciproche degli innumerevoli abitanti terrestri in molte fasi geologiche del loro passato sviluppo. Quantunque molte cose restino oscure o rimarranno tali ancora per lungo tempo, io non posso dubitare, dopo lo studio più esatto e il giudizio più coscienzioso di cui sono suscettibile, che l’opinione adottata dalla maggior parte dei naturalisti e per lungo tempo anche da me, cioè che ogni specie sia stata creata indipendentemente dalle altre, sia erronea.

Io sono pienamente convinto che le specie non sono immutabili; ma che tutte quelle che appartengono a ciò che chiamasi lo stesso genere, sono la posterità diretta di qualche altra specie generalmente estinta: nella stessa maniera che le varietà riconosciute di una specie qualunque discendono in linea retta da questa specie. Finalmente io sono convinto che l’elezione naturale sia, se non l’unico, almeno il principale mezzo di modificazione.

Sulla origine delle specie per elezione naturale, ovvero conservazione delle razze perfezionate nella lotta per l’esistenza – Wikisource

Autore: Daniele

Ho insegnato matematica e scienze alle medie a Genova, Addis Abeba e Barcellona. Mi piace scovare giochi didattici dedicati alla matematica. Io e Luvi abbiamo viaggiato in Europa, India, Tibet, Nepal, Cina, Australia, Indonesia, Birmania, Tailandia, Sri Lanka, Perù, Messico, Guatemala, Belize, Etiopia, Marocco, Egitto, Congo, Ruanda, Mali, Costa d'Avorio, Togo, Ghana e qualche altro posto. Mi trovi su Instagram

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